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Un magico incontro quello con Franz Harary

La prima volta che vidi in televisione Franz Harary era in una trasmissione sulla magia e lui eseguiva la sua personale versione del numero denominato “Twister”. Quello che mi colpì fu il suo look da rockstar e l’utilizzo della musica. In un colpo solo l’arte della magia era stata cambiata.

Celeberrimi i suoi numeri ideati per le grandi popstar e gli spettacoli in città come Macao. E il suo perenne sorriso che permea la durata dei numeri.

Grafica Divina

Il tuo primo incontro con il mondo della magia.

Ricordo che a 13 anni ebbi come regalo una scatola di giochi di magia e devo dire che non ero tanto affascinato da come i trucchi funzionassero, ma dal perché. Quello che mi ammaliava era di compiere qualcosa di speciale di cui gli altri ragazzi non erano in grado. Inoltre c’era in tv il famoso illusionista Doug Henning  il cui modo di fare show mi ha davvero impressionato e conquistato.

Quando hai deciso che il Mondo della Magia sarebbe stato il tuo lavoro?

Non so bene come io abbia preso questa decisione, semplicemente è accaduto. Frequentavo l’Università del Michigan con una borsa di studio da musicista e contavo di diventare un cantante, una star professionista di Broadway. 

Allo stesso tempo mi inventavo delle magie con quello che avevo a disposizione assieme alla banda dell’università o con il teatro d’opera. Realizzai che si poteva fare illusionismo in differenti modi e a differenti livelli in ambiti spaziosi e per il grande pubblico spesso in campi di football con la luce del giorno, quindi in condizioni abbastanza difficili. 

Ora capisco che all’epoca inventai metodi per fare illusionismo a cui ricorro anche oggi e che ho venduto a colleghi di tutto il mondo. Lo stesso David Copperfield ha comperato diversi miei numeri. Quando seppi che Michael Jackson nella primavera del 1984 avrebbe fatto una tournée gli inviai un video di me che facevo apparire una Marching Band  in un campo di football perché io ero un suo grande fan ed avrei voluto far parte di quello show. Il tour si chiamava Victory. Lui vide il mio filmato e mi assunse per essere l’illusionista nel suo tour.

Lasciai l’Università senza portarla a termine e mi trasferii a Los Angeles a lavorare con Michael Jackson. Dopo di lui ho lavorato con Janet Jackson e con molte popstar degli anni ’80, Kool & the Gang, Mc Hammer, Rundie MC, Tupac Shakur, Missie Elliot, Cher, Shania Twain, si può vedere tutta la lista delle persone con cui ho lavorato sul mio sito (http://franzharary.com/). 

Dopo tutto questo lavoro nel 1988 Michael Jackson mi domandò come mai non decidessi di fare qualcosa di mio e non solo di collaborare con lui. Mettendo assieme la mia esperienza fino ad allora accumulata nel 1988 realizzai il mio primo show che era come uno spettacolo di musica rock con suoni, illuminazione, costumi e musica. Mi ritrovai a produrre io stesso il mio show. Sono un performer ed ideo il mio spettacolo, ma spesso lo stesso faccio per altri illusionisti sia come produttore, sia come ideatore. 

Hai lavorato con grandi artisti come Michael Jackson. Come hai superato ogni volta ciò che avevi sempre creato?

Ho lavorato per ventisei anni con Michael Jackson ed ogni volta che mi trovo a lavorare con un artista gli chiedo cosa vorrebbe fare. Se tu fossi Harry Potter cosa vorresti poter fare? Domando e cerco di mettere in scena i loro desideri. Attualmente abbiamo una tecnologia digitale che ci permette di fare qualsiasi cosa che vogliamo su un video, ma su un palco puoi solo ricorrere all’illusionismo e alle sue teorie. Sono quindi arrivato a  realizzare una serie di formule che riproducono gli effetti speciali che gli artisti vogliono avere nei loro show.

Come e quanto il mondo della magia è cambiato in questi anni? 

La magia è in continua evoluzione e trasformazione come tutte le forme di arte che si evolvono nel tempo. Ho notato che la magia cambia in ogni paese riflettendo speranze e sogni di ogni differente cultura. Tradizionalmente la magia cinese fa comparire pesci o riso perché in passato hanno subito la fame e a questo era collegata. Se si vede la magia in Indonesia è associata al dolore e al superamento di esso. Questo perché vivono in condizioni disastrose per i molti terremoti. Io che sono un americano, appartengo quindi ad un popolo capitalista, faccio apparire automobili, aerei. La magia è la lente di ingrandimento delle culture. La magia si evolve con la cultura. Negli anni’80 tutto era grandioso, immenso, ora si tende a qualcosa di più personale, ravvicinato. David Blaine e Shin Lim (che ha vinto America’s Got Talent) propongono un tipo di magia più personale.   

Spesso in questi anni hai cambiato il tuo look. Come mai? 

È vero che ho cambiato il mio look nel tempo, ma sarebbe triste portare lo stesso look ora che ho cinquantasei anni. Conosco maghi che non hanno mai cambiato il loro look e che alla mia stessa età vestono ancora come ventenni e non mi pare giusto. La magia come ho detto riflette la cultura ed i tempi, ma anche chi sei tu e soprattutto deve raccontarti al pubblico. Anche se indossi vestiti eccentrici deve essere un tuo stile personale. Negli anni ’80 ho iniziato con un look da popstar, negli anni ’90 più sportivo negli anni 2000 il mio look è ricollegabile agli anime giapponesi. Ora ho questo look più rilassato che mi fa sentire a mio agio senza dover dimostrare qualcosa di stravagante.

Quando idei una nuova grande illusione quali sono i passaggi creativi?

Dipende dallo scopo della magia se è per me stesso, per una popstar o un grande show, o uno che sto producendo. È tutto legato al contesto. Se l’effetto è per me è più difficile perché non mi pongo limiti o confini, l’unico limite per me è il cielo, per cui è difficile dovendo lavorare su un foglio bianco.  

Ovviamente con il passare del tempo, grazie all’esperienza, il lavoro è divenuto più facile ed è legato all’effetto che voglio creare per cui mi serve una ben precisa tecnica da me ideata e sperimentata. Se trent’anni fa ti facevo sparire uno Space Shuttle oggi non lo farei più perché non interesserebbe il pubblico, abbiamo la tecnologia degli effetti digitali a renderlo possibile. Con la crescita della tecnologia, la magia deve rimanere sulla cresta dell’onda delle stesse innovazioni tecniche. La magia dovrebbe rimanere sempre avanti alla tecnologia per darci il senso di sorpresa e questo fa sì che si crei una simbiosi tra la magia e la scienza spingendosi avanti a vicenda.

La tua più grande soddisfazione. 

Sinceramente non ne ho idea. Probabilmente è vedere le reazioni del pubblico nei confronti di qualcosa da me creato. Realizzare ciò che non esisteva prima e che porta come effetto la felicità nelle persone. È il mio lavoro rendere le persone felici e mostrargli che se io posso creare l’impossibile lo possono fare anche loro. Non sono un Dio o un superuomo, sono una persona che ha studiato psicologia, filosofia e tecnologia e che è stato capace di applicarle alla creazione di illusioni ottiche che sembrano impossibili. Questo per dimostrare che qualunque problema si abbia si può superare.

Il tuo stile personale dove la magia si mescola ai sorrisi, alla musica, ai giochi di luce ha permesso di creare un tuo personale modo di fare magia riconoscibile come un’impronta digitale in tutto il mondo. C’è ancora qualcosa che Franz Harary deve realizzare? Un altro sogno?

Ora che ho tutte queste tecnologie a disposizione come led, video, proiezioni c’è molto di più di cui mi sento in grado di fare. Come ogni artista non mi sento mai arrivato rispetto a ciò che ho già compiuto e penso sempre di dovermi migliorare. Penso sempre a ciò che la scienza, la tecnologia e la cultura ci porteranno. Proprio ora sto creando uno show che si chiama Ocean Dreams che avrà la sua première a Shangai e prevede l’uso massiccio di magia multimediale dalle proiezioni ai laser alla robotica. La star dello show non sarà il mago, ma delfini o leoni marini e sarà come se questi animali avessero il potere di leggere le menti e predire il futuro. Sarà un grande show e il primo di questo tipo. Sto lavorando anche a nuove attrazioni di illusionismo sul campi del design e dell’architettura.

 

Intervista di: Luca Ramacciotti

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