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“Il demone dai capelli bianchi” ne parliamo con Diego Cucinelli

Il demone dai capelli bianchi novità in libreria, è un libro che va letto, che si sia appassionati o meno di storie gotiche, se il Giappone ci affascina. Un romanzo che illustra i sentimenti, le idee, le tradizioni di un popolo che più studiamo più ci sfugge. L’unica controindicazione sulla lettura è che si deve fare in un momento che non abbiamo impegni perché come si comincia, sarà impossibile posare il libro.

De ” Il demone dai capelli bianchi” ne parliamo con Diego Cucinelli che ha curato la traduzione, le note al testo e la postfazione.

Grafica Divina

Quale è il percorso che porta Diego Cucinelli fino a “Il demone dai capelli bianchi”?

Da sempre amo i lavori di Ranpo, quella patina oscura che avviluppa le maglie del suo narrato. Un amico giapponese un giorno mi consigliò di leggere “Il demone dai capelli bianchi” e rimasi affascinato sia dallo stile sia dal retroscena, ovvero il legame con il gotico inglese e con gli adattamenti di opere occidentali dell’era Meiji.

Perché la scelta di questo titolo?

Presentare in Italia un romanzo come “Il demone dai capelli bianchi” è una occasione per far conoscere la grande maestria stilistica di Ranpo e il ponte che esiste tra lui e la letteratura straniera, oltre che quello con un grande letterato di era Meiji, Kuroiwa Ruikō, una figura chiave nella formazione artistica di Ranpo.

Quanto è difficile, in un romanzo come questo, riuscire a tradurre le atmosfere da una lingua, quella giapponese, così differente dalla nostra?

“Il demone dai capelli bianchi” è dei primi anni trenta del novecento e rispecchia gli usi linguistici del tempo nonché la sensibilità. Per il traduttore è una sfida, in quanto deve ricostruire un mondo linguistico distante in modo credibile e omogeneo. Si deve operare con la mente un salto nel tempo e mettersi di continuo in discussione per entrare in sintonia con quel mondo.

Quali sono le peculiarità stilistiche di Edogawa Ranpo?

Ranpo è molto teatrale e ciò viene fuori molto chiaramente in “Il demone dai capelli bianchi”. Ha una tavolozza ricca di ombre, che lui giostra in maniera magistrale. E poi, tra le maglie del mistero, si riscontra di continuo una forte sensualità che emerge nei dettagli e nelle sfumature.

Una storia senza pietà fino alla fine. Vince il bene o il male secondo te?

Come molti altri lavori di Ranpo, il finale risulta sfumato e la distinzione tra bene e male non è chiara. Anche la frase del protagonista che chiude l’opera, lascia il lettore interdetto poiché contiene una carica ironica che lo svia.

Quanto un romanzo del genere può affascinare un lettore moderno e perchè?

Credo che sia molto attuale e descriva temi sempre vivi: più l’amore è forte e più l’odio che lo segue è violento. Anche il messaggio che la ricchezza materiale non conduca sempre alla felicità, è uno dei pilastri dell’opera e che dovrebbe far riflettere anche oggi.

Prossimo impegno?

Al momento sto curando un’antologia di storie fantastiche e aneddoti buddhisti del Giappone antico e medievale; a breve, poi, inizierò invece a tradurre un romanzo della fine degli anni Venti scritto da Miyamoto Yuriko. Stavolta, una storia tutta al femminile…

Intervista di: Luca Ramacciotti

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