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Conosciamo meglio Selene Calloni Williams

Selene Calloni Williams
Scrittrice, viaggiatrice e documentarista, è autrice di numerosi libri e documentari a tema psicologia ed ecologia profonda, sciamanismo, yoga, filosofia e antropologia. In Oriente, e precisamente in Sri Lanka, ha studiato e praticato per svariati anni la meditazione buddhista Theravada. Tornata in Europa ha studiato psicologia e ha ottenuto un master in screenwriting presso la Napier University di Edimburgo.

Allieva del celebre psicoanalista James Hillman, ha introdotto l’approccio immaginale nella pratica della meditazione creando la Mindfulness Immaginale e ha fatto scuola: oggi sono assai numerosi i suoi allievi che insegnano la Mindfuness Immaginale diffondendone il messaggio.

Grafica Divina

La possibilità di abbracciare insegnamenti orientali ed occidentali è la prerogativa della Mindfulness Immaginale, essa è assai preziosa perché capace di tradurre il messaggio orientale in modi adeguati alle modalità di ricezione della psiche degli occidentali, i quali indubbiamente hanno una tradizione immaginale occidentale.

È autrice di due romanzi best seller ambientati tra gli sciamani della Siberia: “Il Profumo della Luna” e “Discorso alla Luna”, editi da Edizioni Studio Tesi e di vari saggi e manuali tra i quali: “Le Carte dei Nat e le costellazioni familiari”, “Iniziazione allo Yoga Sciamanico”, “James Hillman, il cammino del fare anima e dell’ecologia profonda”, “Mantra Madre, la tradizione del matrimonio mistico e del risveglio”, editi da Mediterranee.

Insegna nella scuola di counselling immaginale che lei stessa ha fondato, organizza eccezionali viaggi “nell’anima del mondo” e tiene lezioni e conferenze in diverse Università in Italia e all’estero. www.selenecalloniwilliams.com

In un momento di grave crisi mondiale alla quale stiamo assistendo una nuova consapevolezza sembra sbocciare… è così?

La sfida ecologica alla quale l’uomo è posto dinnanzi oggi richiede un nuovo metodo di pensiero che va immaginato al di là del modo di funzionare della mente attuale. Al fine di immaginare ciò, non solo la filosofia e la psicologia possono esserci d’aiuto, ma anche le tradizioni ancestrali, animiste e sciamaniche dei popoli e in modo particolare la meditazione.

In un’intervista rilasciata a Pasolini, il poeta Ungaretti ha dato una descrizione semplice e precisa della civiltà e della poesia. “L’atto di civiltà, che è un atto di prepotenza umana sulla natura, è un atto contro natura.” “Io sono un poeta, quindi incomincio col trasgredire tutte le leggi facendo poesia”. (Da “Comizi d’amore”. Pasolini intervista ad Ungaretti)

Oggi siamo consapevoli di come la civilizzazione stia minacciano seriamente la sopravvivenza della vita sul pianeta. La massiccia attività umana ha allontanato la biosfera dal suo equilibrio naturale attraverso la drastica riduzione delle specie viventi e mediante il cambiamento climatico. Il nostro conto corrente planetario è in rosso, stiamo consumando risorse che appartengono alle prossime generazioni. Ogni giorno nel mondo si estinguono 74 specie animali e vegetali.
Tre specie ogni ora.

È quanto risulta da un calcolo del biologo Edward Wilson dell’università di Harward. La velocità con la quale specie animali e vegetali vanno perdute è 100 volte superiore oggi di quanto non sia mai successo nella storia dell’umanità. Con ciò gli stili di vita globalmente non sono cambiati di una virgola.

Il medesimo uomo che ha causato il disastro ecologico non è in grado ora di invertire il flusso delle cose. Questo è il momento di “trasgredire tutte le leggi”, come disse Ungaretti, e di incominciare seriamente a immaginare un uomo nuovo, un essere umano ecocompatibile: questa si chiama ecosofia ed ecologia profonda. Differisce dall’ecologia e dall’ambientalismo tradizionale, in quanto sostiene l’impossibilità di fare una vera ecologia con gli stessi metodi mentali che hanno portato alla situazione di grave pericolo ecologico nella quale ci troviamo. La logica meccanicistica fondata sul principio della causa ed effetto non ci appare lo strumento adeguato, serve un metodo contemplativo, poetico, creativo: la meditazione è tutto questo. La meditazione è il veicolo principale della nascita di un nuovo metodo di pensiero che è espressione di un uomo nuovo.

Come nasce la Mindfulness e perché adesso se ne comincia a parlare sempre di più?

Mindfulness nasce negli Stati uniti e ha il merito di portare all’attenzione di medici e terapeuti la meditazione, contribuendo al notevole sviluppo di quest’ultima. Il termine Mindfulness può racchiudere tanti significati e tante tecniche. Sul piano pratico-concettuale si può dire che la Mindfulness è la meditazione applicata alle neuroscienze e alla psicologia, con l’intento di sanare stati psico-fisici – quali ansia, angoscia, tristezza – particolarmente dilaganti nella società contemporanea.

Numerose ricerche hanno evidenziato come la meditazione abbia numerosi benefici a livello non solo psicologico: per esempio, se la nostra mente è calma riusciamo a reagire in nmaniera più sicura e consapevole agli eventi della vita; nel caso di stati depressivi, la meditazione calma la mente e aiuta a prolungare i periodi in cui si è in assenza della patologia.

Queste sono sicuramente le principali ragioni per le quali oggi si sente sempre più parlare di Mindfuness.

Mindfulness è un termine inglese, che significa “pienezza mentale” o anche “presenza mentale”. Questa parola, coniata in occidente, designa quindi lo stato di consapevolezza raggiunto attraverso la meditazione. In quest’ottica la meditazione si rivela un potente strumento per lo sviluppo e la realizzazione delle abilità umane ancora latenti. amplia la capacità di sviluppare una comprensione trasformativa dell’esperienza e, al contempo, plasma una mente dinamica, aumentando la creatività.

Questo processo di riattivazione e risveglio mentale è possibile, poiché la meditazione agisce sulle sinapsi cerebrali e sulla produzione di endorfine, acuendo intuizione e felicità, come dimostrato da numerose ricerche (si vedano per esempio gli studi compiuti dal neuroscienziato e psicologo statunitense Richard Davidson, il quale ha inserito la meditazione nella lista degli esercizi che allenano il cervello a sviluppare connessioni neuronali portatrici di felicità).

Gli studi sulla Mindfulness e sulla sua applicazione in campo clinico evidenziano come il cervello sia modificabile e come, di conseguenza, anche la percezione di noi stessi e della realtà sia altrettanto trasformabile in ogni istante. Il modello della nostra esperienza di vita non è fisso, immutabile, ma anzi plasmabile attraverso pratiche – come la Mindfulness – mirate a favorire maggiore benessere.

Praticando costantemente la meditazione si mette in moto una sorta di riavvio del cervello: si sviluppano maggiore attenzione, lucidità, chiarezza e presenza mentale. Questo “riavvio” aiuta a sciogliere schemi mentali rigidi, cristallizzati nel tempo, sostituendoli con modelli più flessibili, ricettivi e potenti. Tale aspetto lo aveva già messo in luce Sri Aurobindo, tra i massimi filosofi dell’India moderna, affermando: “Noi siamo i maestri delle cose e non le vittime delle loro reazioni”, intendendo con ciò proprio la capacità di modificare la nostra percezione e la nostra esperienza di vita.

La pratica della Mindfulness innalza il piacere organismico o eucenestesi (cenestesi benefica, percezione piacevole): condizione che permane anche dopo la fine della meditazione.

Quindi si producono sull’essere umano solo benefici a lungo termine e assolutamente nessuna controindicazione.

Perché i grandi insegnamenti del passato avevano smesso di guidare gli uomini?

Perché l’uomo vuole il potere, cioè il controllo sulla natura e a questo fino rompe un equilibrio universale un ordine primevo che lo vedeva distinto ma non separato dal Tutto. Secondo la dottrina buddhista, l’umanità è stata vittima dell’attaccamento che produce ignoranza. Abbiamo 1500 attaccamenti –upadana, in pali, il linguaggio del Buddha-, 500 del corpo, 500 dell’emotività e 500 della mente. Di vita in vita, di morte in morte, trasmigriamo nella ruota del divenire al fine di sciogliere gli attaccamenti. Questo superamento delle upadana è un perdere il controllo, un lasciarsi andare, una resa, un abbandono che vince le tensioni, le ansie, le paure che sono il principio della separazione e della sofferenza. La meditazione è una accelerazione del processo evolutivo che l’anima compie trasmigrando nelle varie reincarnazioni.

La natura non è una realtà materiale oggettiva e sostanziale, ma è immagine impermanente; appare e svanisce come luce di lampo. Ogni immagine naturale ha due aspetti uno visibile, uno invisibile. Lo sanno bene i popoli animisti; in accordo con le tradizioni animiste non è concepibile cogliere un ramo di ginepro senza prima chiedere il permesso allo spirito del ginepro o scalare una montagna, senza chiedere il permesso allo spirito di quella montagna. L’aspetto invisibile delle immagini è ciò che noi possiamo definire anima mundi.

Il bisogno dell’uomo di avere il controllo sulle immagini naturali, compresa quella del proprio corpo, fa sì che egli rimuova l’anima, l’aspetto invisibile, perdendo così la capacità di afferrare l’invisibile. Il suo terzo occhio, l’occhio che può “vedere” l’invisibile, si chiude, come un organo omologo cessa di funzionare. La meditazione ci conduce alla riapertura del terzo occhio. L’individuo rimuove l’aspetto invisibile dell’immagine perché non lo può controllare. Dopodiché unisce fra loro gli aspetti visibili dell’immagine –i quali sono misurabili, governabili e, forse, prevedibili- e crea la sensazione dell’oggetto materiale permanente e sostanziale. Ma l’uomo stesso finisce per essere la prima vittima della realtà oggettiva che egli stesso ha creato attraverso una programmazione inconscia del proprio modo di percepire la realtà. Questa programmazione, che è dettata dalla sua volontà di controllare le immagini, di avere un potere sulla natura, porta in essere dolore e sofferenza.

Nel buddhismo si dice che la ruota del divenire, il ciclo delle morti e rinascite, sia chitta maya, “inganno della coscienza”. In verità tutto è solo come se fosse vero, è sogno, miraggio, apparizione. La libertà dall’inganno e l’unione con il Tutto (samadhi) è uno dei massimi ottenimenti del processo meditativo. L’uomo è un tutt’uno con l’anima mundi, distinto ma non separato dal Tutto. Ciò che lo fa vivere in una condizione di isolamento e paura è la sua programmazione inconscia: i 1500 attaccamenti che gli impediscono di essere consapevole dell’anima.

In che modo la Mindfulness immaginale può diventare strumento per l’uomo di oggi?

Dicevamo che la meditazione è il veicolo principale della nascita di un nuovo metodo di pensiero che è espressione di un uomo nuovo. Io definisco questo nuovo uomo homo imaginalis. È una creatura nuova eppure primitiva, che ci conduce lontano nel tempo futuro e anche passato, quando ancora l’umanità portava il segno della beatitudine delle origini.

L’homo imaginalis è un essere dotato di un nuovo metodo di pensiero e nuovi sensi capaci di percepire la realtà come immagine, sogno, proiezione, apparizione, capace di vincere la programmazione inconscia, che è un condizionamento percettivo, a seguito del quale l’individuo si è addormentato nell’illusione che le cose siano oggettive e subisce gli eventi come fatti indipendenti dalla propria facoltà di immaginarli, vivendo nella preoccupazione di parare i colpi del destino, anziché nella gioia di creare, sognare e amare. Avere la forza di immaginare il nuovo uomo significa divenirlo. A ciò è dedicata la esperienza della mindfulness immaginale.

Quale la peculiarità di questa pratica di meditazione?

Sicuramente IMMA (Imaginal Mindfulness Meditation Approach), il protocollo della mindfulness immaginale che unisce la pratica di posizioni yoga e di esercizi di controllo del respiro alla meditazione. Il protocollo della mindfuness immaginale prende il praticante per mano e lo conduce in un camino giornaliero di esercizi che producono un rapido miglioramento del suo modo di meditare e di affrontare la vita. È sufficiente mezz’ora al giorno: cinque minuti di posture yoga, 5 minuti di esercizio di controllo del respiro e 20 minuti di meditazione. A ciò si aggiunge la pratica del Satipatthana che è meditazione esistenziale. Si pratica durante la giornata applicando piena attenzione a ciò che si sta facendo.

Se con il termine Mindfulness si fa generalmente riferimento alla meditazione che incontra la psicologia, con il termine Mindfulness immaginale ci riferiamo alla meditazione che incontra la psicologia immaginale, ovvero quella psicologia avviata in occidente da C.G. Jung (con la psicologia analitica) e poi rielaborata dallo psicoanalista, saggista e filosofo statunitense James Hillman (con la psicologia archetipica). Nella visione immaginale il corpo e il mondo sono interni alla psiche. Il paradigma considera il corpo non più una realtà funzionale e percettiva, bensì un “simbolo”.

L’approccio immaginale, che è l’impronta che Selene Calloni Williams ha dato a tutte le discipline da lei divulgate – la meditazione, lo yoga, il counselling, l’esperienza dell’esplorazione delle vite passate (regressione), le esperienze transgenerazionali (costellazioni, psicogenealogia), lo sciamanismo – mette al centro della propria analisi il potere immaginativo, considerando la cosiddetta realtà una dimensione simbolica (il concetto di simbolo è centrale all’interno di questa pratica).

Il metodo simbolo-immaginale è un approccio non terapeutico; non parte dall’io e non ha come fine il rinforzo delle strutture dell’io, né presuppone l’esistenza di un corpo come oggetto materiale. In questo senso la visione immaginale si sposa molto bene con la meditazione buddhista che considera l’esistenza samsara, ovvero “illusione della coscienza”. “La terapia diviene nonterapia, cioè rituale e meditazione, quando al problema della normalità si sostituisce, con coraggio, il tema della felicità”: è questo il messaggio lanciato con la creazione della Scuola.

La Mindfulness Immaginale ci insegna a nobilitare i disturbi, problemi, disagi, ad ascoltarli come voci dell’anima che ci chiamano a un viaggio interiore nell’underworld, il mondo misterioso degli sciamani, la dimensione ctonia, per restituirci le nostre energie selvagge. I disturbi sono richiami dell’anima che ci accompagnano verso l’invisibile, verso lo stato di natura, verso l’esperienza della bellezza. Da questa prospettiva, l’esperienza estatica diventa efficace alternativa all’esperienza della terapia tradizionalmente intesa. La meditazione non si muove sulla base di categorie diagnostiche. La persona (dall’etrusco “persu”) è una maschera: la meditazione ha il fine di dissolverla e liberare l’individuo dei veli dell’illusione dell’io che lo coprono, raggiungendo il nirvāṇa o nibbana, ovvero l’estinzione dell’io e della sensazione illusoria di esistere quali esseri distinti e separati dal tutto.

La meditazione è rituale sacro e come tale comporta il sacrum facere, il darsi, e soprattutto l’amore. la terapia può certamente divenire rituale, quando incontra il sacro. Questo incontro avviene dentro il malato, nella sua intimità. Se questo incontro non ha luogo non è corretto parlare di meditazione. Si può parlare di training autogeno, rilassamento guidato, immaginazione attiva, ma non di meditazione, né tanto meno di Vipassana (ovvero l’insight, la comprensione profonda della realtà) e Vidarshana (visione profonda).

Nel contesto del rito sacro, i nostri mali, i nostri disagi, disturbi e problemi sono il nostro più grande patrimonio, essi vanno nutriti con attenzione cosciente fino a che, compiendo un viaggio profondo, possiamo vederli, trasmutati nella luce della conoscenza, come i nostri più potenti alleati. La meditazione è un’esperienza contemplativa ed estatica assai più simile all’assorbimento estetico creato dall’arte che ai processi messi in atto dai modelli terapeutici, i quali, per altro, se propagandati a oltranza, rischiano di divenire il solo modo per affrontare disagi e disturbi.

Il sentiero che conduce al nirvāṇa (estinzione delle illusioni e liberazione) e quello del samsara (la ruota delle illusioni) vanno in due direzioni opposte.

Verso cosa stiamo andando?

Mi aspetto che in numero sempre più crescente e con sempre maggiore energia gli individui immaginino un nuovo metodo di pensiero, che è un uomo nuovo, poiché l’uomo è fatto ad immagine e somiglianza dei suoi “dei”, le sue “idee”. L’immaginazione si costruisce attraverso la diffusione di miti e racconti. Dobbiamo comprendere che, non esistendo una realtà oggettiva, i miti non descrivono una realtà data, ma portano in essere la realtà. Abbiamo bisogno di miti che sappiano portare in essere un nuovo uomo e di individui capaci di raccontarli. Ma soprattutto abbiamo bisogno di persone ricettive a nuove immagini. Per essere ricettivi al nuovo bisogna innanzitutto deprogrammarsi dai vecchi schemi che si esercitano nei sensi e nella mente in modo automatico. La pratica della meditazione è questa attività di deprogrammazione; un profondo lavaggio dei filtri percettivi e degli schemi mentali.

Mindfulness, lo abbiamo visto, è un termine inglese, che significa “pienezza mentale” o anche “presenza mentale”. Esso traduce il termine pali Satipatthana che indica il cammino della piena attenzione. Se percepiamo la realtà in modo distratto finiamo per essere vittime dei filtri percettivi operanti in noi come conseguenza di una programmazione inconscia. Se invece siamo attenti, possiamo esperire ogni cosa come fosse la prima volta che la incontriamo e conoscerla profondamente sia nella sua veste visibile che invisibile. Questo è il modo migliore per ritrovare l’anima delle cose e riscoprire la possibilità di dialogare con essa e lasciarci ispirare. L’homo imagnalis è una creatura che riceve ispirazione perché sa amare l’attimo presente e lo accoglie in sé senza filtri. Io confido nel fatto che l’umanità sappia creare oltre se stessa e sia capace di muovere verso questo uomo nuovo.

Intervista di: Elena Torre

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