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Anna Marani, l’intervista

Anna Marani ha da poco ricevuto il prestigioso premio Un bosco per Kioto per il libro Storie dei Cinque Elementi, scritto a quattro mani con la scrittrice Elena Torre.

L’abbiamo incontrata per voi, ecco cosa ci siamo detti…

Grafica Divina

Come hai accolto la notizia del premio?

Naturalmente ne sono stata onorata. Si tratta di un riconoscimento importante e, soprattutto, di un segnale importante: significa che il messaggio contenuto nel libro è stato colto: dobbiamo compiere un passo importante, verso un maggiore rispetto nei confronti della natura e degli animali, ma non solo. Ho sempre creduto che chi si prende cura dell’ambiente che lo circonda – flora e fauna – sia in grado di provare un sincero interesse anche nei confronti dei propri simili umani.
Quando hai scritto questo libro ti aspettavi un simile riconoscimento?

Storie dei Cinque Elementi è un libro rivolto principalmente a lettori bambini, da leggere in compagnia di un adulto disposto a rispondere alle domande che storie e immagini suscitano inevitabilmente. Sono stati realizzati con impegno e, soprattutto, cuore. Ero sicura che i bambini avrebbero percepito ogni singolo intento e non avevo dubbi che il libro avrebbe calamitato la loro attenzione: sono molto più aperti e ricettivi degli adulti. Un futuro più sostenibile, in virtù di una maggiore sensibilità acquisita… era questo il premio che mi aspettavo di ricevere da loro. Già questo mi sembrava abbastanza ambizioso. Quindi no, non mi aspettavo un simile riconoscimento.

 Dal giallo ai bambini il passo è stato breve?
È stato semplicemente un passo in una direzione diversa, né lungo né corto. In realtà, chi segue me ed Elena fin dagli esordi si sarà accorto che le intenzioni non sono cambiate. Scrivendo storie per bambini ci siamo semplicemente rivolte a un pubblico appartenente a una diversa fascia d’età. Quanto al cambiamento di genere, avendo già scritto fantasy non mi era del tutto estraneo. E, come nella quotidianità si parla di politica e gossip, del più e del meno, così uno scrittore e un lettore devono sentirsi liberi di poter spaziare tra un genere narrativo e l’altro.
Come hai scelto le favole che hai raccontato?
Avevamo deciso di costruire il libro su cinque elementi cardine: i quattro più noti (aria, acqua, terra e fuoco) e il quinto, impalpabile ma tangibile nelle sue proiezioni, ossia l’amore, che si traduce in quella dimensione di fantasia capace di trasformare veramente le cose. Se nessuno avesse mai sognato di volare, non esisterebbero gli aeroplani. Per quanto riguarda i temi trattati nelle singole storie, mi sono semplicemente ricordata di quando ero bambina e mi sono interrogata a proposto di che cosa mi interessasse allora: gli animali – ne ho sempre avuti – e i pupazzi di peluche che li rappresentavano, le fate… Così sono state concepite Poldo il Gatto, Il lungo viaggio della Piccola Renna di Pezza, Galanthus e la Farfalla Perfetta e tutte le altre storie.
Quali le difficoltà nel rivolgersi ad un pubblico così giovane?
Credo che ai bambini si possa e si debba parlare di qualsiasi cosa, assecondando senza imbarazzo le loro molte domande o anticipandole. Certo, bisogna usare coscienza, spiegargli le cose in maniera più morbida, preservarli da inutili turbamenti. Quindi, forse, dovendo parlare di difficoltà, la più evidente è legata al linguaggio, deliberatamente più vicino al modo di esprimersi dei bambini, più semplice e meno artefatto di quello degli adulti.
A chi dedichi questo premio?
A mia nonna Gorizia, che non c’è più ma che mi raccontava bellissime storie inventate da lei quando ero piccola. Ai molti animali che hanno reso la mia esistenza più allegra e, naturalmente, a tutti i bimbi che quotidianamente mi forniscono l’ispirazione, compresi quelli già grandi che non ne vogliono sapere di diventare adulti. Io stessa non ho la minima intenzione di crescere…
Intervista di: Cinzia Ciarmatori

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