Home Da ascoltare “Pop, Rock, Jazz… e non solo” Alicia Keys “Alicia”

“Pop, Rock, Jazz… e non solo” Alicia Keys “Alicia”

Alicia Keys
Alicia
(RCA Records)

S’era capito già dai sette singoli anticipati durante il lockdown globale, che la rentrée di Alicia Keys sarebbe stata all’altezza delle aspettative. E infatti con “Alicia” la 39enne cantautrice statunitense conferma quanto di ottimo già si sapeva di lei: dalla raffinatezza di canto e scrittura all’intelligenza di spaziare fra sentimenti e temi sociali anche con coraggio; dal suo essere degna erede dei giganti della black music fra easy listening e tradizione alta del soul-pop sino al suo originalissimo innervare composizioni e testi d’una cultura e d’un impegno mai raffazzonati né utilitaristici.

Grafica Divina

Con “Alicia”, settimo album della sua carriera, la Keys soprattutto si conferma da un lato sempre più propensa a mettersi a nudo e non nascondersi dietro nessuna maschera (lo fa anche in un libro, “More Myself: A Journey” che negli USA è già best seller); e dall’altro rieccola artista consapevole della storia della musica e però sempre incisivamente orientata al futuro, che la vede come icona di quel cosiddetto “Neo-Soul” in cui la chitarra qua e là prende il posto del pianoforte, e l’approccio ad arrangiamenti e soprattutto interpretazioni è più libero, di maggior essenzialità, di comunicativa più diretta.

Nell’insieme il nuovo CD della Keys consta di ben quindici brani, diversi dei quali in duetto anche con giovani artisti (duetti mai buttati là o che fanno scendere il livello di disco e canzoni, come invece s’usa ahinoi in Italia inseguendo le tendenze), ma comunque tutti cofirmati da lei e anche da lei prodotti: dunque nel segno d’una cifra autorale omogenea, insieme elegante e profonda, ammiccante ma di contenuto.
E “Alicia” va in crescendo, all’ascolto, dopo essere comunque partito forte con una sorta di rap sinfonico all’attacco d’un mondo indifferente con ferocia (“Truth Without Love”) e dopo aver già toccato un paio di vette fra l’impasto reggae-afrobeat di “Wasted Energy”, brano di contenuta sensualità che incita alla speranza, e l’acustica, autorale, moderna “Underdog” che mentre le permette di mostrare bravura e duttilità vocale si fa grido d’autrice per le persone comuni su cui si regge il mondo: dalle mamme agli studenti, dai medici ai giovani che lottano per un cambiamento.

Dopo un inseguirsi di brani tesi con squarci alla Prince (“Time Machine”) e altri minimalisti quanto ammalianti (“3 Hour Drive”), con parentesi “easy” e agili come “Show Me Love”, ecco però che “Alicia” spicca il volo definitivamente con il dittico “So Done” / “Gramercy Park”, due modi diversi di cantare la stessa necessità di combattere contro convenzioni e aspettative per ridare valore alla propria persona. Nel primo caso, il tutto viene cantato dentro un inno Rhythm’N’Blues di forza catartica e notevole fascino; nel secondo, su un valzer folk-pop con sfumature blues di grande intensità, da cantautrice di rango.

E poi (dopo l’attuale singolo “Love Looks Better”, tirato e “facile” ma non buttato là, anzi) ci sono quattro brani che da soli varrebbero ascolto e acquisto del CD. Prima “You Save Me”, in cui si rivivono le emozioni tipiche del grande R&B d’un Luther Vandross dentro un’atmosfera di entertainment etereo e raffinatissimo; indi “Jill Scott” (dedicata a un’icona della modernità femminile e del “Neo-Soul” stesso, che pure duetta con la Keys nel pezzo), ballad lieve ma finemente screziata e di bel peso testuale.
E poi, il gran finale. Con “Good Job” -riflessione sui lavori davvero decisivi per l’uomo, appresi da troppi soltanto nell’esperienza del Covid- che è soul-pop di peso e presa, tra un piano-voce magnifico e un testo d’intensa, sentita attualità; poi, soprattutto, con la straziante “Perfect Way To Die”.

In cui Alicia Keys si mette nei panni d’una madre che ha perso il figlio, uccisole innocente dalla polizia in uno scontro a fuoco, e si fa icona dei diritti delle minoranze afroamericane tramite una strepitosa prova d’autrice: piano-voce ancora in primo piano (e che voce…), azzeccato e sofferto arrangiamento d’archi sullo sfondo, testo maiuscolo, empatico, poetico. Per un vero capolavoro di sospensione autorale dolente, e di impegno concreto declinato in (grande) musica.

Ma non è per caso, del resto, che Alicia Keys ha già vinto 15 Grammy: e se il suo nuovo disco ne conferma la caratura artistica, quella umana è sottolineata dalla sua creazione di un fondo per gli afroamericani, da lei annunciato all’NFL Kickoff 2020 e consistente in ben un miliardo di dollari. Perché Alicia Keys mira al cambiamento e alla sottolineatura dei valori reali dell’umanità dentro, ma anche oltre, la sua magnifica musica.

Articolo di: Andrea Pedrinelli

Da ascoltare/guardare: “Perfect Way To Die”:
https://www.youtube.com/watch?v=czqo-zGj4n4

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Critico musicale e teatrale, è giornalista dal 1991 e attualmente collabora con Avvenire, Musica Jazz, Scarp de’ tenis, Vinile. Crea format tv e d’incontro-spettacolo, conduce serate culturali, a livello editoriale ha scritto importanti saggi fra cui quelli su Enzo Jannacci, Giorgio Gaber (di cui è il massimo studioso esistente), Claudio Baglioni, Ron, Renato Zero, Vasco Rossi, Susanna Parigi. Ha collaborato con i Pooh, Ezio Bosso, Roberto Cacciapaglia e di recente ha edito anche Canzoni da leggere, da una sua rubrica di prima pagina su Avvenire dedicata alla storia della canzone.

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