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Ospite del nostro format musicale Giacomo Lariccia

enza farci del male è il nuovo singolo di Giacomo Lariccia. Il brano, in uscita per Cello Label, è disponibile da oggi – venerdì 16 novembre – su tutte le piattaforme digitali.

Per il cantautore romano, da alcuni anni a Bruxelles, è il nuovo capitolo di un fortunato percorso che negli ultimi otto anni ha visto l’uscita di quattro dischi (due dei quali finalisti al Premio Tenco) e numerosi concerti in Europa, Sud America e Medio Oriente. Risultati che fanno di Lariccia uno dei cantautori più meritevoli tra quelli affermatisi al di fuori dei confini italiani. Attualmente Lariccia è impegnato in una tournée che lo sta portando in diverse città della Francia, della Svizzera e del Belgio.

Grafica Divina

Ora, per suggellare l’inizio della collaborazione con l’etichetta discografica Cello Label (altra meritevole realtà dal dna italiano ma con base in Belgio), ecco la pubblicazione di un singolo, prodotto insieme a Marco Locurcio, che per Lariccia riveste un significato profondo.

“Sentivo l’esigenza di comunicare che il limite più grande all’amore rischiamo di essere noi stessi”, spiega Lariccia. Esigenza che il cantautore covava da tempo, ma che si è tramutata in una canzone solo dopo una lunga gestazione: “Non è stato facile scrivere questo testo – confessa Lariccia – e prima di utilizzare in una canzone la parola “amore” ho aspettato molto. L’amore è infatti l’essenza della nostra vita, il metro più alto con cui possiamo confrontarci”. Vivere a pieno questo sentimento significa anche rischiare, mettersi in gioco totalmente: “Sono convinto che l’amore non sia un sentimento – prosegue Lariccia – ma il frutto di una scelta che un uomo e una donna possono compiere quando sono consapevoli di addentrarsi nel territorio fragile e inesplorato della loro relazione. Un territorio dove corrono il rischio di cadere e rialzarsi, tentare, riuscire o fallire e dove lo scopo è quello di amare senza farsi del male”.

Quando hai iniziato a fare musica?

La musica mi ha accompagnato in diversi modi lungo tutta la vita. Da adolescente ho iniziato ad appassionarmi e a sognare che potesse diventare il il centro della mia vita e poi, relativamente tardi, a 25 anni ho iniziato a rendere i miei sogni realtà. Quando mi sono trasferito a Bruxelles per fare il conservatorio quello è stato un momento di svolta. Ci sono poi stati anni di studio, di musica, di gavetta dura prima sullo strumento (la chitarra) e poi nei concerti in giro per il mondo. Anni anche difficili in cui artisticamente cercavo fortemente la mia strada. Ho sempre pensato che un uomo non è chi si lamenta per le difficoltà che incontra ma chi, nonostante le difficoltà, un passo per volta, rende concreti i propri sogni. Sono ancora nel percorso, ovviamente: la musica ha questa maledizione che ti porta a sognare un suono che ancora non hai e appena lo hai raggiunto il tuo desiderio si è spostato più avanti.

Con quali artisti sei cresciuto?

La musica che mi ha accompagnato nella mia vita è stata molta e di diversi tipi. C’è stato molto jazz, world music anche un po’ di musica classica. Negli anni dell’adolescenza passati a Roma i cantautori italiani sono stati fondamentali nella mia crescita umana e sentimentale. C’è stato molto De Gregori, molto Gaber, tanto, tantissimo Bennato. E poi la musica nera (dal RnB al jazz) ha preso piano piano il sopravvento fino a diventare il centro dei miei ascolti quando mi sono trasferito a Bruxelles. C’è voluto poi molto tempo per allargare di nuovo l’orizzonte, abbandonare molta della musica afroamericano che avevo ascoltato e abbracciare tanta altra musica. La world music, per esempio, nella quale ho trovato una spontaneità difficile da ascoltare in altri tipi di musica e poi oggi tanti cantautori (prevalentemente non italiani, per scelta), singer songwriters di diverse provenienze. Paul Simon è forse uno di quelli che da più tempo mi accompagna anche se Damien Rice, Roo Panes, Passenger, Xavier Rudd i Lumineers sono quelli che ascolto con più piacere e che molto probabilmente mi hanno influenzato di più recentemente.

Come nasce la tua musica? Quali sono le tue fonti d’ispirazione?

Difficile rispondere ad una domanda cosi complessa: come nasce la musica. Il momento creativo ha le sue basi fondamentalmente in una necessità interna. Non è solo un piacere ma è proprio una sensazione di bisogno senza il quale non si vive bene. Questa necessità poi negli anni si è strutturata, è maturata e ha preso anche forme di “mestiere” che si scelgono lucidamente e non fanno parte di quella crisi mistica dell’ispirazione che spesso viene in mente quando si pensa ad una creazione artistica. Vero però che alcune scelte anche importanti restano misteriose e spesso si riescono a comprendere solo a posteriori. Per me è molto importante il testo anche se mi sto allontanando sempre di più da una narrazione lineare per avvicinarmi ad una scrittura che sia sempre più evocativa e non solo narrativa.

Qual è il momento in cui hai scoperto che avresti voluto intraprendere la strada della musica?

La verità è che questo desiderio mi accompagna da moltissimo tempo. Forse il primo momento che ancora ricordo in cui ho fatto una domanda del genere ai miei genitori è stato verso i 10-11 anni. Poi ovviamente tanta acqua è passata sotto ai ponti e come avrai capito il percorso della mia vita è stato tutt’altro che lineare. Ho anche abbandonato la musica dai 20 ai 22 anni.

Quali sono i generi in cui spazi nella tua produzione?

Mi piace pescare a destra e a sinistra anche se rimango fortemente legato al suono acustico, alle vibrazioni di una chitarra, al suono che proviene dal legno, dalla materia che vibra. Sono un appassionato di chitarre e strumenti a corde in generale e mi sento molto lontano dal suono sintetico che sembra ritornare molto ultimamente in Italia. Direi che in generale mi sento vicino ad un tipo di musica folk pop. Ovviamente non credo che questa definizione possa costituire una barriera a quello che farò prossimamente.
Cosa ne pensi dei social e del web in generale come mezzo per farsi conoscere?

Tutto quello che ci permette di avvicinare la mia musica a quante più persone possibili è utile. Ho smesso però di mitizzare questi mezzi perché i tasselli per avvicinarsi ad un ascoltatore sono tanti e il primo di tutti è la musica dal vivo.

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