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Enzo Gentile ci racconta del suo Amico Faber

Enzo Gentile Si occupa di musica praticamente da sempre, come giornalista, conduttore radiofonico, consulente per dischi, cinema e teatro, curatore di mostre e manifestazioni, docente. Inizia professionalmente a metà degli anni Settanta, con le prime emittenti in Fm, per poi passare a scrivere su quotidiani e riviste di ogni periodicità, pubblicando il primo libro, Note di pop italiano, nel 1977. Da allora collabora, sempre da free lance, per un centinaio di testate (Repubblica, Mattino, Sole 24 Ore, Epoca, Europeo, Diario, Jam, Rolling Stone, Linus…), seguendo migliaia di concerti e festival, tra recensioni e interviste ai maggiori protagonisti del panorama musicale internazionale. Direttore artistico di numerose rassegne musicali di grande seguito, tra cui Suoni & Visioni, Music Club, Naturalmente pianoforte, ha al suo attivo una ventina di libri e cataloghi: tra i principali Arcipelago rock (Mondadori), il Dizionario del pop-rock (Zanichelli), Beatles a fumetti (Skira), Time after Time (Hoepli), Hendrix ’68 (Jaca Book). Da quindici anni tiene il corso di Storia della musica pop-rock al Master di comunicazione all’Università Cattolica di Milano. Motociclista, appassionato di calcio e birre rosse, nella prossima vita farà il chitarrista.

Lo abbiamo intervistato per sapere qualcosa di più sul suo nuovo libro Amico Faber appena uscito per Hoepli.

Grafica Divina

Sotto quali spinte nasce questo libro?
Il libro nasce da una proposta della casa editrice nel ventesimo anno dalla scomparsa di De André, sapendo che tra noi due c’era stato un rapporto, un buon contatto durato negli anni, me lo hanno proposto. Volentieri ho accettato il loro invito anche perché ho pensato che potesse essere interessante anche per me a patto di trovare una chiave per raccontare ancora qualcosa su di lui.

Come ha scelto la prospettiva dalla quale raccontare questo gigante della nostra musica?
Libri ne sono stati scritti davvero tanti tra biografie, saggi, testi che trattano la sua dicografia analizzando brano per brano o che raccontano dei concerti. Ho ritenuto che fosse più interessante avere un ritratto al di fuori della sua produzione artistica, attraverso le parole di chi lo aveva conosciuto, così ho contattato molte delle persone che gli erano state vicine dagli anni Cinquanta fino alla fine. In questo modo ho documentato anche una dimensione più profonda fatta di quotidianità, di realtà, fatta di amici, di Sardegna, fuori dall’ambito prettamente musicale.

È emerso durante la stesura del libro qualcosa che l’ha particolarmente colpita?
Sapevo della stima che avevano le persone che conoscevano Fabrizio. Tutti gli interpellati mi hanno ribadito la sua generosità, l’incostanza dell’umore e il suo essere esigente e pignolo sul lavoro fino ad essere maniacale. La generosità silenziosa verso le persone in difficoltà attraverso donazioni, regali, finanziamenti, senza dare nell’occhio, senza clamori. Rifletteva nella vita quello che cantava.

Perché De André continua ad affascinare, convincere ed essere così amato?
La sua attualità, la sua modernità nei testi, nel messaggio, nella chiarezza con cui espimeva anche le cose più profonde, con una prospettiva ancora valida, anche nella forma. La sua voce è ancora molto presente, molti cantanti nel corso degli anni si sono ispirati a lui per cui tanto vale sentire l’originale.

Chi sono le voci narranti?
Sono centotrenta persone tra amici e colleghi che raccontano qualcosa, persone che in qualche modo hanno avuto con Fabrizio un rapporto personale e che contribuiscono alla trasmissione della sua memoria.

Un’intervista esclusiva compare tra le pagine…
Sì, un’intervista autografa dell’82 quando ci siamo conosciuti di più di dieci pagine scritte a matita di suo pugno con tanto di cancellature. Prima di rilasciarmela chiese di conoscermi personalmente così andai a casa sua e dopo una lunga chiacchierata gli lasciai le domande alle quali rispose ampiamente per scritto, cosa che non mi è più ricapitata.

Intervista di: Matilde Alfieri
Foto: Music Attitude

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