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Simonetta Cerrini: l’intervista

Simonetta Cerrini è una scrittrice preparata suo il libro edito da Mondadori La rivoluzione dei templari. Oggi torna nelle librerie con un altro splendido saggio L’apocalisse dei Templari sempre per Mondadiri, Le scie. L’abbiamo incontrata per saperne qualcosa in più, ecco cosa ci siamo dette.

Quando hai visto per la prima volta l’affresco di San Bevignate a Perugia e per quale ragione è diventato un’ossessione per te?

Grafica Divina

Francesco Tommasi, un grande e attento studioso dei templari, mi mostrò le foto dell’affresco già negli anni ’90, quando cominciai le mie ricerche su quello straordinario esperimento spirituale e politico che furono i “poveri cavalieri di Cristo e del Tempio di Salomone”. Grazie a quelle immagini che ritraevano i templari sia in combattimento sia in preghiera mi fu subito chiaro che quei temibili combattenti erano innanzitutto dei religiosi. Dal cuore di quella dolorosa contraddizione – che peraltro era quella dell’intera società medievale, che era una società militare – i frati-cavalieri seppero far rinascere la spiritualità dei laici, diedero dignità al lavoro, favorirono le traduzioni in lingua volgare di testi religiosi e seppero condividere con i musulmani e con i cristiani d’Oriente varie forme di devozione e di preghiera.

Quando poi vidi gli affreschi di persona, invitata a tenere una conferenza dal Comune di Perugia, l’emozione fu davvero grande.

Nell’introduzione al tuo libro l’apocalisse è considerato un personaggio come templari, monaci e cavalieri dalla cui conoscenza non si può prescindere.

Cosa dell’apocalisse dobbiamo sapere?

L’Apocalisse dà la prospettiva, il punto di vista in cui il tempo cronologico diventa Kairòs, il tempo dell’occasione. L’Apocalisse, che significa rivelazione, è uno scritto attribuito all’apostolo Giovanni e riguarda la Fine dei Tempi. L’Apocalisse è quello scarto dal quotidiano che ti permette la percezione corretta del reale mettendoti in relazione con la Fine. L’Apocalisse è una bussola, una Stella Polare e infatti il libro dell’Apocalisse è dipinto al culmine dell’affresco di San Bevignate per custodire e orientare col suo punto di vista tutti gli aspetti della vita templare.

Il libro contiene una dedica particolare. Incontri spesso persone che, come i templari, sentono forte la sensazione che ci sia bisogno di loro? Cosa possiamo imparare dai templari?

Un cronista, Ernoul, ci ha lasciato una fotografia dei futuri templari: erano persone davvero in crisi, con il sentimento di aver sbagliato tutto, di aver abbandonato invano il loro mondo precedente, i loro affetti e i loro beni. Avevano perso tutto, compreso il futuro. Ma si accorsero che la società aveva bisogno proprio di loro: da lì ripartirono, dalla ritrovata consapevolezza del loro valore. La storia della loro nascita è la storia di un futuro ritrovato. Il fenomeno templare esplose e in pochi decenni si ritrovarono ad avere una rete di magioni in tutta Europa.

Ripeto ciò che scrivo nel libro: Dedico questo libro a tutti quelli che, attraversando l’odierna Apocalisse, come i templari si trovano a pensare: «C’è bisogno di noi».

Cosa ti proponi con questo libro?

Mi piacerebbe che coloro che credono alla bugia dello scontro fra civiltà e che pensano ai templari come ai campioni della difesa cristiana dall’Islam possano cambiare idea. “I miei amici Templari” li chiamava il nipote dell’emiro di Shaizar, Osama ibn Munqid nel XII secolo e in Siria, da oltre mille anni, i cristiani si recano dalla Madonna di Saydnaya insieme con i pellegrini musulmani: nel XIII secolo fra quei pellegrini c’erano anche i nostri frati cavalieri.

Considerando la tua scrupolosa attenzione alla storia e l’abitudine a lavorare su testi e documenti originali, come hai costruito questo libro?

Scrivendo articoli scientifici, devi scrivere solo quello che è strettamente necessario alla dimostrazione della tesi che proponi. Sarebbe impensabile ad esempio raccontare nel dettaglio la leggenda di san Gerolamo e del leone oppure attardarsi a descrivere le vicende dell’icona miracolosa della Vergine di Saydnaya, o le visioni del fondatore dei flagellanti Raniero Fasani o ancora le mirabolanti avventure del pirata templare Ruggero da Fiore. In un articolo basta citare in nota gli estremi del testo e andare oltre. Ma le immagini, meno definite di un testo o di un documento, mi hanno suggerito altri tempi narrativi e mi hanno sollecitato a raccontare le storie, non a citarle soltanto. Però, per non perdermi, ho usato come bussola narrativa la sequenza ascensionale delle quattro scene dipinte a San Bevignate, custodite ciascuna da un animale: il cavallo, il leone, il pesce e l’aquila. E poi ho proceduto per associazioni. Insomma, mi sono concessa di passare un po’ più di tempo con quelle storie antiche e sconosciute.

Cosa chiedi ai tuoi lettori?

Ai lettori chiedo di accompagnarmi, di fidarsi della mia guida: prima o poi arriveremo da qualche parte. Quando scrivo, ho ben chiara “la scaletta”, ma visto che non smetto di far ricerca, spesso devo cambiare strada al momento, perché un’email o un libro mi fanno intravvedere una nuova pista. Insomma, per me non c’è prima la ricerca e poi la divulgazione attraverso la scrittura, ma le due dimensioni si intersecano continuamente.

Intervista di: Elena Torre

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