Home Da leggere Conosciamo Meglio Guido del Monte… tra scrittura, cinema e progetti…

Conosciamo Meglio Guido del Monte… tra scrittura, cinema e progetti…

Guido del Monte, sigaro alla mano, sguardo che si sperde nell’orizzonte e una cultura che oscilla tra il cinematografico, il filosofico e una vita vissuta intensamente in giro per l’Italia.

Guido Del Monte scrittore. Quando hai deciso di impugnare la penna e raccontare le tue storie?

Purtroppo ci sono stati lunghi momenti della mia vita e forse ce ne saranno altri in cui ho dovuto poggiare la penna per fare altro. Nello specifico del progetto maison Nouvelle Vague ho dato il via alla narrazione vera e propria solo quando sono stato consapevole della forma che questa narrazione doveva avere. In altre parole mi sono consumato molto sul “come” più che sul “cosa”.

Grafica Divina

L’importanza del territorio. Quasi un personaggio vero e proprio.

Il territorio è importante nella misura in cui le scene sono narrate in esterna. Nel caso di interni diventano importanti l’arredamento, la tappezzeria, l’oggettistica. Se però per territorio si intende la provincia di Lucca in cui le mie storie sono ambientate, allora miro esplicitamente a fornire un quadro documentaristico aggiornato.

La Novelle Vague. Parlaci di questo progetto. Cinematograficamente nacque di controtendenza verso un cinema francese non più attuale.

Direi di più, nacque da una chiara insofferenza unita alla maturità di coloro che la provavano. I Truffaut, Godard, Rohmer, Rivette, Chabrol avevano studiato, dialogato, scritto e verificato abbastanza ed erano pronti a dire la loro. Ricevettero la benedizione di Rossellini e il resto è storia. A quel tempo in Francia, ma non solo in Francia, affermare praticamente che il regista è l’autore del suo film costava una grande fatica sia concettuale che organizzativa. Calatevi adesso nell’attualità editoriale italiana e provate a dire che lo scrittore deve essere il regista del suo libro, ovvero che le maestranze dell’editoria sono a disposizione dell’autore e non che dispongono di lui e del suo testo. Solo così capirete appieno il senso della mia trasposizione teorica dal cinema della Nouvelle Vague alla narrativa contemporanea.

Una scrittura molto visiva e nello stesso tempo pare un “flusso di coscienza” parlaci del tuo particolare stile.

In ogni espressione creativa si rimane sempre un po’ a metà tra il conscio e l’inconscio. È dovere professionale dominare la parte conscia plasmando una forma propria. Ciò che invece proviene dall’inconscio lo si può al massimo scoprire in sede di rilettura. L’unica cosa certa della mia proposta stilistica è che vuole essere una sintesi narrativa dei tre momenti tecnici di scrittura cinematografica: soggetto, trattamento e sceneggiatura.

Il Souvenir il tuo ultimo libro. Si inizia con un ufficio kafkiano e si termina non con la protagonista in primo piano. Quali sono i souvenir, i temi, i ricordi principali di questo libro.

Francesca, la protagonista del mio romanzo, è fatta della stessa sostanza del ricordo. Appena la si conosce in una situazione quotidiana già si capisce che presto o tardi se ne andrà o sarà cacciata e non resterà di lei altro che un souvenir pesante come un macigno sul bilancio morale della storia.

Nel tuo romanzo ci sono anche scene esplicite di sesso,ma non viene mai rivelato davvero nulla sulla protagonista e le dicerie che la circondano.

In una storia pubblicata precedentemente a questa (Olga, le ore di luce) raccontavo di una donna di cui si sa che è una gran lettrice di romanzi, ma non viene mai svelato neppure uno dei titoli. Il sesso fa parte della vita di tutti i giorni, ne portiamo in tasca sempre un po’. A volte lo spendiamo bene, altre male. Francesca non nasconde il suo pensiero così come non nasconde il suo sesso, ma nello stesso tempo difende il diritto di non definirsi ad uso del giudizio altrui. Lei si mostra, ma non svela ciò che ha diritto di conservare per sé.

L’intervallo presenta un racconto che è avulso dal contesto eppure sembra esserne parte vincolante.

Tecnicamente l’intervallo che inserisco tra il primo e il secondo tempo di questo romanzo è un omaggio ai cinegiornali di costume e società che venivano proiettati nei cinema prima dell’avvento della pubblicità. Esso si compone di una digressione urbanistica ed esistenziale sulle appendici periferiche delle città di provincia e subito propone un cortometraggio, una piccola storia, che si svolge proprio in queste malinconiche ambientazioni. Nel mio piccolo libro 12X18 cerco di condensare tutte le suggestioni che si potrebbero provare in un vecchio cinema d’essai. Quindi niente è avulso dalla storia così come la storia non è avulsa dal cinema in cui si proietta.

 

 

www.nouvellevaguelibri.com

Intervista e foto: Luca Ramacciotti

 

 

 

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