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Conosciamo meglio Claudio Valente

Abbiamo incontrato Claudio Valente per parlare del suo nuovo lavoro Cambiamori, terzo album da solista. Un artista intelligente e sofisticato che con cui abbiamo anche discusso della situazione discografica attuale e di talent.\r\n\r\nCambiamori è il tuo terzo disco da solista. Stilisticamente come ti ci sei approcciato e in che cosa si differenzia dai lavori precedenti?\r\nSono arrivato a Cambiamori dopo due dischi sicuramente più pop e con la voglia di cambiare e di tornare a quelle che sono le sonorità dei miei esordi con band new wave come gli Art Dèco. Ho cambiato musicisti grazie all’incontro casuale col bassista e arrangiatore Andrea Lombardini, un musicista jazz contemporaneo con un grande feeling per la new wave degli 80’s ed esperienze più recenti come il post rock e un suo suono molto personale. Insieme a lui sono arrivati anche Federico Scettri il batterista, anche lui di estrazione jazz e Alberto Milani, chitarrista elettrico ed eclettico dal sound molto riconoscibile e pregnante. Paolo porta al sax ha cesellato tre brani magistralmente. Simone Chivilò, mio producer nei dischi precedenti, ci ha assistito per missaggio e mastering e suono generale. Con questi musicisti l’approccio in studio è stato più vecchio stile, meno produzione a tavolino, molte riprese live, anche buona la prima. Insomma: grande spontaneità e immediatezza pur nella scelta di sonorità ricercate, evocative, al servizio di un disco che anche dal punto di vista dei testi è piuttosto introspettivo, dedicato all’amore e alla sua fenomenologia, parzialmente ispirato dalla letture dei “frammenti di un discorso amoroso” di Barthes, libro che amo. Parole, suoni e silenzi sono stati dosati all’insegna di un minimalismo stilistico, di un suono mai faticoso spesso sognante, rock nell’attitudine, ma non rumoroso, che deve molto a certe atmosfere new wave degli anni ‘80 con le quali sono nato.\r\n\r\nLa musica new wave o il rock alternativo sono generi che non hanno vita facile in Italia, anche se ci sono stati periodi d’oro e grandi band. Secondo te, perché è così difficile essere innovativi e allo stesso tempo riempire i palazzetti nel nostro paese?\r\nRiempire i palazzetti ormai è solo una questione di marketing e di grossi investimenti, soprattutto in termini di visibilità televisiva e radiofonica. Le case discografiche, o quel che ne resta, insistono a spingere generi facili, per un target super giovane, anche se credo esista una generazione che ha superato i trent’anni e una che ha superato i cinquanta che anela ancora a sognare con la musica, ad avere contenuti oltre che forma, che vorrebbe ancora essere sorpresa. Al pubblico vanno fatte conoscere anche le cose diverse e purtroppo radio e tv, i media in genere, preferiscono andare sul sicuro. C’è anche una scena indie rock abbastanza vivace e carbonara che però sembra tenerci a rimanere un club e alle volte, a mio parere, pecca di snobismo al contrario, impedendo la diffusione di suoni diversi.\r\n\r\n Quali sono le tue fonti d’ispirazione, musicali e non?\r\nSono un grande appassionato di letteratura dei primi del ‘900 e di altri autori quali Kerouac e Burroughs. Musicalmente non è un mistero la mia passione per Bowie, i Roxy Music, David Sylvian, i Velvet Underground, la scena tedesca dei primi ‘70 come Can e Kraftwerk. Di cose recenti ho molto apprezzato band come The National , Editors, Interpol.\r\n\r\nSe si parla di rock alternativo uno dei primi esponenti a venire in mente è Manuel Agnelli. Cosa pensi della sua partecipazione a X-Factor? I talent sono veramente il nemico della musica?\r\nManuel Agnelli fa il suo mestiere e magari a X Factor può portare un po’ di attitudine alternativa, quindi non sono certo io a criticarlo per questo. I talent però sono utili solo per creare visibilità a futuri personaggi televisivi, non mi pare che incoraggino a scrivere musica originale ma solo a esercizi di bel canto e di presenza scenica. Un tempo, le etichette investivano in autori e musicisti interessanti consentendo loro di crescere artisticamente supportandone lo sviluppo economicamente e con il loro know how; all’interno di queste  strutture il vero “talent” sbocciava in opere rimaste nella storia della nostra canzone. Ora, si cerca l’X Factor che mi sembra la metafora di una scorciatoia, in una società dove tutto deve avvenire e consumarsi in fretta. Sono tutte stelle cadenti.\r\n\r\nQual è il tuo brano a cui sei più legato e perché?\r\n\r\nAmo molto “Domani Adesso”, il singolo che infatti ho scelto per lanciare il disco e del quale è stato girato un videoclip con la regia di Valeria Cruceli; questo brano rappresenta bene il mio modo di scrivere una canzone romantica senza diventare melenso e arrangiata con la giusta misura di ricercatezza sonora, attitudine rock e immediatezza melodica. La mia idea attuale di pop insomma. Inoltre l’ho scritta in aereo pensando a qualcuno di molto speciale…\r\n\r\nIntervista di: Antonio Farinola \r\n\r\nFoto: Venezia Today

Grafica Divina

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