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Luciano Donzella è il nostro ospite di oggi

Luciano Donzella è giornalista, illusionista e viaggiatore, ma io, che  ho il privilegio di conoscerlo da tanti anni, preferisco dire mago ;). Ha da poco pubblicato un simpatico libro dal titolo ‘Incontri straordinari’ (edito da Florence Art Edizioni) e saperne di più mi è sembrato naturale. Ecco cosa ci ha raccontato.

Quand’è che un incontro può essere definito straordinario?

Grafica Divina

Quando riesci ad aprire uno spiraglio e a creare un rapporto con l’intervistato, ti rendi conto che tutti gli incontri sono straordinari, e che ogni persona è un universo fantastico tutto da esplorare.

Quale la spinta che ti ha motivato a scrivere questo libro?

I motivi sono tanti, ma uno dei principali è che il bello del mestiere di giornalista è che la sera si scrive, e la mattina si vedono i frutti del proprio lavoro. Il brutto è che la mattina dopo con lo stesso giornale ci si incarta il pesce. Ecco, andare a ritrovare un po’ di quei fogli che sanno di pesce, ripulirli e dargli nuova vita. All’inizio è stato divertente, poi anche qualcosa di più.

Sei riuscito a capire il quid che trasforma una pesona comune in un numero uno?

Ci sono personaggi che hanno “quel qualcosa in più” e conoscerli è sempre una magia. sono come calamite, irradiano energia, e da loro c’è solo da prendere. Il dato comune è che tutti hanno una scintilla, che però per ognuno è diversa, ma al tempo stesso è quella scintilla che li porta ad emergere. Attenzione però, quando parlo di successo non parlo di quello televisivo, della fama, dell’amore del pubblico. Per me una persona di successo è quella che riesce a realizzare i propri sogni, quali che siano.

Quali tra i tanti incontri hanno lasciato in te un segno che in qualche modo ti ha cambiato?

Tutti mi hanno cambiato un po’ dentro. Qualcuno mi ha lasciato una traccia più profonda: certo non puoi restare lo stesso dopo che per un intero pomeriggio hai ascoltato un uomo che in età avanzata ti racconta per la prima volta, dopo anni di silenzio, gli orrori di Auschwitz. Ma tutti gli incontri straordinari che ho fatto mi hanno lasciato qualcosa, in questo sono fortunato: è un modo per coninuare a crescere.

Qual è il segreto di una buona domanda?

Cercare di entrare nel mondo dell’intervistato, di far parlare lui, mettendosi da parte. E non cercare di essere il protagonista dell’intervista, di far trapelare che “ahò, vedi che bella domanda che t’ho fatto”, oppure di  dare al lettore il messaggio che io e l’intervistato siamo culo e camicia.

Tra le persone intervistate c’è ststo mai qualcuno che ti ha messo in difficoltà?

No. A tutti ho dato il massimo rispetto, e da tutti ho ottenuto lo stesso. Certo, capita che non riesci ad entrare nel mondo dell’intervistato neanche un po’, a volte per situazioni contingenti, fretta, scomodità. Ma nel mio libro ci sono 70 interviste su qualche centinaio che ho fatto, e naturalmente ho scelto le migliori, quelle dove il feeling c’era.

In questo particolare momento storico è difficile fare il giornalista?

E’ difficile fare qualunque mestiere, quindi anche il giornalista. Nello specifico, uno dei rischi è che il giornale venga visto come una qualunque azienda, e il giornalista come un impiegato. Il giornalismo ha e deve continuare ad avere una funzione fondamentale in una società libera, e trasformarlo in un prodotto di mercato qualunque è il peggior danno che si possa fare a chi fa questo lavoro, ma soprattutto ai lettori.

Cosa ti aspetti da questo libro?

Spero che qualcuno lo legga con piacere, e che fra le pagine trovi qualche frammento di me.

Intervista di: Elena Torre

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