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RiutilizziAMO l’Italia, il WWF rilancia la sua Campagna

 

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Grafica Divina

Il WWF rilancia la Campagna “RiutilizziAMO l’Italia” con una selezione di 4 storie tratte dalle 100 segnalazioni finora arrivate con cui i cittadini raccontano come ‘recuperare’ il territorio italiano

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 Per la prima fase della campagna c’è tempo fino al 31 ottobre: segnala le aree dismesse o degradate su wwf.it/riutilizziamolitalia, immaginando come reinventarle a misura d’uomo, comunità e ambiente. 11 gli atenei finora in rete

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 I casi: un ex-ospedale a Torino, un’area verde degradata a Roma, un arsenale dell’esercito dismesso a Napoli, un rudere abbandonato sulle spiagge di Sassari

\r\n \r\n\r\nUn parco urbano con fattorie didattiche al posto di un ospedale pericolante a Torino; un’area verde con edifici recuperati in modo ecosostenibile per riqualificare un’area degradata accanto al Parco di Tor Fiscale e riagganciarla al sistema naturalistico del Parco dell’Appia Antica di Roma; un arsenale dell’esercito con all’interno edifici abbandonati e aree naturali ai piedi della collina di Posillipo di Napoli; un punto di ritrovo multiservizi per creare posti di lavoro e incentivare il turismo responsabile al posto di un lido abbandonato sulle spiagge di Sassari. Sono quattro storie (Vedi scheda di approfondimento in coda) tratte dalle oltre 100 segnalazioni inviate finora al WWF dai cittadini di tutta Italia per la campagna “RiutilizziAMO l’Italia” (www.wwf.it/riutilizziamolitalia), con cui l’associazione del Panda, fino al prossimo 31 ottobre, chiede ai cittadini di segnalare le aree dismesse o degradate, compilando l’apposita scheda di censimento on line sul sito www.wwf.it/riutilizziamolitalia, immaginando una proposta per riconvertirle,  creando per esse ‘destinazioni d’uso green’ e individuandone il riuso ambientale e sociale ed evitare così un ulteriore consumo di suolo. Obiettivo: innescare un movimento culturale e sociale in grado di avviare il più grande progetto di recupero e riqualificazione del territorio italiano. Un movimento partecipato grazie al quale le comunità locali possano riappropriarsi del proprio territorio, ricostruire lo spazio in cui vivono, con iniziative spontanee e dal basso, che finora può inoltre contare sulla mobilitazione della Rete di esperti locali e di docenti, in progressiva espansione, che al momento coinvolge 11 università per un totale di 22 adesioni.\r\n\r\n“Il nostro è un contributo ad un grande progetto di recupero e riqualificazione urbanistica, territoriale e  ambientale di grande significato culturale e di rilevante importanza economica, che consenta di recuperare l’immenso patrimonio di manufatti e di aree inutilizzate esistente in Italia con proposte e progetti di qualità, frutto della partecipazione e della creatività dei cittadini”, sottolinea il presidente del WWF  Italia, Stefano Leoni.\r\n\r\n“Tra la fine egli anni ’60 e gli anni ’70 abbiamo saputo dimostrare con il recupero dei centri storici grandi e piccoli di essere dei  abili conservatori e restauratori di beni culturali. Dobbiamo rivitalizzare e rilanciare quello spirito e costituire un volano economico virtuoso che abbia come obiettivi  la ricomposizione di paesaggio degradato e riscopra la piacevolezza del nostro territorio, utilizzando al meglio quanto serve ed eliminando quello che effettivamente non serve, dando spazio a attività agricole, sociali e naturali, ovunque ciò si possa realizzare”, conclude il direttore generale del WWF Italia, Adriano Paolella.\r\n\r\n LA RISPOSTA CONCRETA AL CONSUMO DI SUOLO. La Campagna “RiutilizziAMO l’Italia” promossa dal WWF Italia vuole così raccogliere e valorizzare le idee che servano a reinventare il territorio del Paese e dare una risposta concreta per invertire quella tendenza (fotografata nel dossier WWF-FAI “Terra Rubata – Viaggio nell’Italia che scompare”, gennaio 2012) che fa temere, in assenza di interventi correttivi, un consumo di suolo nei prossimi 20 anni di oltre 75 ettari al giorno, in una situazione di saturazione della Penisola che già oggi vede un’urbanizzazione pro capite pari a 230 mq ed evidenzia come in Italia non si può tracciare un diametro di 10 km senza intercettare un nucleo urbano.\r\n\r\n LE AREE DA SEGNALARE: VADEMECUM WWF ON LINE. Il WWF sul suo sito dà indicazioni utili per la Campagna ed invita  cittadini ed esperti a concentrarsi per le loro segnalazioni sulle seguenti tipologie di aree: il recupero delle aree industriali dismesse o parzialmente utilizzate (ad es. l’area industriale infrastrutturata con fondi pubblici attorno al porto i Gioia Tauro è per 2/3 inutilizzata); il recupero di aree intercluse o marginali all’urbanizzazione (da questo punto di vista è interessante il progetto di recupero naturalistico e produttivo elaborato nel 2009 nel XII Municipio di Roma); il recupero di aree degradate, da bonificare e riqualificare (come il litorale di Lago Patria a Napoli); le aree demaniali militari (gli edifici afferenti al demanio militare nella sola Sardegna occupano 144.230 ettari); i sedimi ferroviari e le loro pertinenze (sono 6.977 km le tratte ferroviarie dimesse in Italia, secondo l’Associazione Greenways); le aree intercluse a infrastrutture lineari (ad esempio a Donoratico per 14 km ci sono terreni tra la linea ferroviaria e la SS Aurelia); i capannoni abbandonati (i capannoni in Italia hanno un volume complessivo di 7 milioni i metri cubi); l’edilizia rurale in abbandono (solo vicino a Roma sono migliaia gli edifici abbandonati; gli edifici non utilizzati (un censimento del Comune di Torino ha rilevato nel 2009 109 edifici abbandonati in città, 46 pubblici e 63 privati).\r\n\r\n IL CONTRIBUTO DI DOCENTI UNIVERSITARI ED ESPERTI. Sono 22 le adesioni alla Rete di docenti universitari ed esperti a sostegno della Campagna WWF “RiutilizziAMO l’Italia” provenienti da 11 atenei (Università di Camerino, Firenze, L’Aquila, Messina, Napoli, Reggio Calabria, Roma Tre, Venezia e Politecnici i Milano, Torino e Bari), tra cui Imma Apreda, Francesca Calace, Alessandro Dal Piaz, Domenico Gattuso, Manlio Marchetta, Bernardino Romano, Michele Talia, Maria Cristina Treu, Maria Rosa Vittadini, Alberto Ziparo.\r\n\r\nSCHEDA DI APPROFONDIMENTO:  4 STORIE PER ‘RIUTILIZZARE L’ITALIA’\r\n\r\n \r\n\r\n1. PIEMONTE – TORINO. UN PARCO URBANO CON FATTORIE DIDATTICHE AL POSTO DELL’OSPEDALE ‘PERICOLANTE’ \r\n\r\nSiamo a Torino e precisamente in via Cigna, la segnalazione riguarda l’ex- Ospedale Einaudi costruito  negli anni ‘20 ed attualmente indicato nella scheda come una struttura abbandonata e pericolante. L’edificio viene progettato nel 1920 dall’ingegnere Carlo Sgarbi, autore di centinaia di edifici a partire dal 1906, su un terreno di proprietà del professor Enrico Martini posto tra via Cigna e via Cuneo, con un parco sul retro. I progetti prevedono che il prospetto sulla piazza comprenda tre piani fuori terra, di cui il terzo adibito a dormitorio e gli altri due come ali laterali. L’ospedale viene inaugurato il 5 maggio del 1923, quando Enrico Martini istituisce l’ente ospedaliero con denominazione Astanteria Municipale Martini, con lo scopo di provvedere ai soccorsi di urgenza della regione Nord e di ricoverare i malati gravi nei letti fissati dal Municipio. L’intento era quello di agevolare le operazioni di pronto soccorso in una zona ricca di fabbriche e curare i malati più gravi in attesa di essere trasferiti all’ospedale San Giovanni Vecchio.\r\nLa struttura viene ampliata nel 1929, a opera dell’ingegnere Francesco Manca, con la costruzione di una cappella al secondo piano e di nuovi padiglioni adibiti a infermerie lungo via Cigna e via Dogliani. Nel 1937 lo stabile diventa proprietà del Comune, che ne trasferisce l’amministrazione all’Ospedale Maggiore San Giovanni Battista. Nel 1954 il Comune cede l’edificio e il terreno circostante all’Ospedale Giovanni Bosco, a patto che l’ente si impegni a costruire un nuovo ospedale. L’impresa viene realizzata negli anni successivi: la  Nuova Astanteria Martini in Largo Gottardo è inaugurata nel 1961. Nel 1984 l’Ospedale Einaudi diventa sede del reparto pneumologico, precedentemente ospitato presso l’ospedale Amedeo di Savoia. L’ex Einaudi viene chiuso nel 1997 e i reparti via via trasferiti all’Ospedale Maggiore Giovanni Bosco. Dal 2003 l’edificio è inutilizzato. \r\n\r\nL’associazione “Sapori e Sapori” che ha inviato questa segnalazione vorrebbe che quest’area diventasse un parco urbano con la presenza di fattorie didattiche.\r\n\r\n \r\n\r\n2. LAZIO – ROMA. TOR FISCALE, TERRENI INCOLTI E BARACCHE. UN PROGETTO DI RECUPERO DEGNO DI TESI\r\n\r\nSiamo a Roma, in una zona degradata adiacente al Parco di Tor Fiscale. L’area è pubblica e si presenta come uno spazio verde con incolti degradati in progressivo ampliamento.  Un vero pugno nell’occhio nell’orizzonte del Parco di Tor Fiscale, un’area di pregio naturalistico che rientra nel sistema del Parco dell’Appia Antica. Il quartiere è in stato di degrado e di abbandono mentre le grandi potenzialità lo potrebbero rendere di grande interesse.  La segnalazione in questo caso proviene da uno studente che sta preparando la tesi di laurea sulla riqualificazione dell’area indicata a proposito della quale dice: “Nel mio progetto di tesi sul recupero di quest’area ho immaginato di creare una rete di verde che si riaggancia al Parco dell’Appia Antica e di riqualificare in modo sostenibile gli edifici residenziali degradati e abbattere le baracche ancora presenti”.\r\n\r\n \r\n\r\n3. CAMPANIA – NAPOLI. UN ‘ARSENALE’ DI EDIFICI E AREE NATURALI AI PIEDI DI POSILLIPO\r\n\r\nNapoli, via Campegna, quartiere di Fuorigrotta. Lungo la strada si vede un muro di cinta alto e molto compatto di cemento armato, che è possibile ‘attraversare’ grazie a un cancello di ferro molto alto sovrastato dalla scritta “Arsenale”. E’ il vecchio arsenale dell’esercito, adesso completamente abbandonato: un’area inaccessibile ma con evidenti segni di abbandono. All’interno si possono intravedere alcuni edifici e una vasta area naturale con vegetazione spontanea e alberi. Tutta l’area si appoggia alla collina di Posillipo che la sovrasta.\r\n\r\n \r\n\r\n4. SARDEGNA – SASSARI. TURISMO RESPONSABILE AL POSTO DEL LIDO ABBANDONATO\r\n\r\nSassari,  Località Platamona. La segnalazione giunta al WWF riguarda stavolta una struttura vicino alla spiaggia, attualmente completamente abbandonata, un tempo nota come Lido Iride. La proprietà è pubblica e l’area e facilmente accessibile. Lido Iride, negli anni ‘60- ‘80 era un punto di ritrovo e di svago durante tutto il periodo estivo, davanti al mare, con concerti, serate musicali, ristorazione e altri servizi. Ora invece la movida balneare ha ceduto il passo a un rudere pericolante che occupa quasi tutto il primo pettine della spiaggia di Platamona. Le varie Amministrazioni non si sono mai messe d’accordo su proprietà e su responsabilità. La proposta per riutilizzarla da parte del cittadino che ha inviato la segnalazione al WWF è di creare “un punto di ritrovo multiservizi per ridare vita ed entusiasmo ad un’area che potrebbe dare molti più posti di lavoro e incentivare un turismo ecosostenibile anziché essere utilizzata, come accade ora, come discarica dai bagnanti che si recano delle spiagge antistanti”.\r\n\r\nFonte: Ufficio Stampa WWF

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