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Due chiachiere con… Donatella Diamanti

Incontriamo Donatella Diamanti, sceneggiatrice, scrittrice, autrice di testi teatrali per addentrarci nelle tematiche del suo ultimo libro e impare qualcosa di più sul suo universo narrativo.

Il tuo ultimo libro si intitola La restauratrice di matrimoni… in un mondo dove ciò che è rotto si butta è un’apertura?

Grafica Divina

Sì e no. No, se si guarda alla parte ironica e / o grottesca del romanzo (mi riferisco alla linea narrativa dell’agenzia che restaura matrimoni in crisi, a pagamento), perché il tema sotteso è quello dell’immutabilità ad ogni costo… In fondo cose diverse e diversamente dolorose, come l’incapacità di accettare la morte di qualcuno che ci è caro, la malattia, la fine di un amore, ma anche il corpo che si modifica per il passare del tempo, stanno tutte sotto quella stessa insegna… Ed ecco che allora, chi se lo può permettere, può essere disposto a pagare qualsiasi cifra per una possibile soluzione, senza guardare in faccia a nessuno… Il traffico d’organi non è mica fantascienza. Sì, se invece si guarda alla vita della protagonista: il suo è un viaggio attraverso una banale verità: non tutto ciò che è rotto lo è irrimediabilmente… è pur vero che Immacolata il restauro della sua famiglia lo paga di tasca sua, ma non certo con il denaro; con l’impegno semmai, con il mettersi in gioco, con il “vuotare il sacco”… Oddio, detto così mi sa che sembra una gran palla…

Questo libro ha un che di teatrale, molto visivo, scritto per immagini, come nasce?

Semplicemente dal desiderio di raccontare una storia. Il fatto che lo si possa ritenere teatrale dipende forse dalla presenza dei molti dialoghi, ma a me piace che i miei personaggi si raccontino attraverso ciò che dicono oltre che attraverso ciò che pensano o che fanno. Credo anche poi che, al di là della mia formazione, oggi sia molto difficile non essere “visivi”. Le immagini hanno un potere enorme nella nostra cultura e dunque non sempre c’è bisogno di descrizioni minuziose e particolareggiate, talvolta basta evocare qualcosa che sta nell’immaginario comune…

Quanto i personaggi comandano l’autore?

Prima di scrivere questo romanzo sarei stata disposta a giurare sulla mia testa che non lo comandano affatto; ora non lo so più…

Come sono nati i tuoi protagonisti di carta?

Dalla memoria, dalle persone che incontro, dal divertimento che trovo nel partire da uno stereotipo per provare a modificarlo…

La tua eroina è una donna che agisce o reagisce?

Nè una donna che reagisce fino a che non impara ad agire.

Tu sei scrittrice di teatro, cinema, televisione come mai sei tornata alla narrativa?

Nè una buffa domanda. Mi verrebbe da dirti: Tornare, perché? Io ci sono arrivata, semmai. Però è vero che di solito è un cammino che si percorre all’incontrario: prima c’è il racconto, poi il romanzo, poi il film e o il teatro. Io comunque ci sono arrivata per caso, come in buona parte delle cose della mia vita. Elena Mora, un’amica giornalista, mi chiese un racconto per una raccolta a scopo benefico (l’incasso era interamente devoluto all’UNICEF) dal titolo Cuori di pietra e edita da Mondadori. Dopo Cuori di pietra sono nate altre due raccolte: Facce di bronzo e Corpi, sempre edite da Mondadori e sempre a scopo benefico… poi Barbara Garlaschelli e Nicoletta Vallorani, due scrittrici bravissime, mi hanno coinvolta in un’antologia noir edita da Sperling, Alle signore piace il nero. L’editor di quella raccolta, Ilde Buratti, mi ha chiamata, mi ha detto che il mio racconto le piaceva e mi ha chiesto se avevo un romanzo nel cassetto da farle leggere… Non l’avevo, ma l’idea de La restauratrice mi ronzava in testa da un po’.

Intervista di: Elena Torre

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